3Diland

Uun incontro casuale diede origine a un’avventura imprenditoriale unica.

Un'idea che diventa un'azienda

Roberto Gavioli, regista cinematografico e titolare della celebre Gamma Film, a duo tempo azienda specializzata nella produzione di cartoni animati per Carosello e la Rai, negli anni Settanta propose a dirigenti della Mupi un’idea visionaria.

Noto per il suo talento creativo e la sua capacità di immaginare il futuro, propose di collaborare per creare un visore tridimensionale destinato al mercato dei giocattoli.

Dopo lunghe discussioni e studi, nacque la società 3Diland Spa con sede a Firenze.

Il progetto non era privo di sfide: il meccanismo e l’ottica rappresentavano ostacoli significativi, ma il lavoro brillante di Giuliano Cecchini permise di superarli.

Anche l’estetica dei dispositivi fu curata nei minimi dettagli grazie all’intervento gratuito di Richard Sapper, designer di fama internazionale e amico personale di Gavioli.

Modelli storici

I primi prodotti di 3Diland furono due: lo Stereopocket 3D e lo Stereopocket 3D Light. Il primo era un visore stereoscopico che permetteva di osservare 25 immagini tridimensionali sfruttando la luce naturale. Il meccanismo di avanzamento era manuale, azionato da una leva, mentre il riavvolgimento del film richiedeva l’estrazione della cartuccia. La versione Light, invece, includeva un’illuminazione interna alimentata da due pile stilo. 

Entrambi i modelli furono presentati con eleganti espositori da banco e da terra, un dettaglio che per l’epoca rappresentava un approccio innovativo al marketing.

Art 101 – Il visore stereoscopico permetteva la visione di 25 immagini a rilievo utilizzando la luce naturale, il movimento di avanzamento era dato tramite una leva a cursore che provvedeva all’avanzamento del film, mentre per riavvolgerlo doveva togliere la cartuccia dell’apparecchio e riavvolger la con una levetta appositamente munita.

Art 102 – Questa versione era esattamente uguale alla precedente, ma l’illuminazione fornita da una lampadina alimentata da due pile stilo.

I prodotti erano presentati in modo da poter stare su degli espositori, da banco (Art 205) oppure da terra (Art 206 e Art 207) e, per l’epoca, non erano assolutamente male.

Realizzare immagini 3D non era facile

Realizzare immagini stereoscopiche in quegli anni era una vera impresa: servivano due macchine fotografiche perfettamente identiche, lavorando sugli obiettivi e quindi l’esposizione. Per ottenere risultati impeccabili, furono acquistate oltre 200 Nikon e un numero ancora maggiore di obiettivi. Un processo lungo e costoso, ben lontano dalla semplicità garantita oggi da software come Photoshop e tecnologie basate sull’intelligenza artificiale.

Nonostante il grande impegno e la qualità del prodotto, l’idea di osservare immagini in tre dimensioni risultò poco intuitiva per il pubblico dell’epoca. Questo limite si tradusse in un rapido calo di interesse verso i visori 3Diland, decretandone il destino commerciale.

Un episodio curioso segnò la storia dell’azienda: la GAF, produttrice del celebre View-Master, si mostrò interessata al progetto e offrì 100 milioni di lire per acquisirlo, inclusi foto, brevetti e materiali tecnici. Tuttavia Aldo Sposimo, direttore commerciale e finanziario della Mupi a quel tempo, rifiutò categoricamente l’offerta, dichiarando che non avrebbe venduto per meno di un miliardo di lire. L’offerta fu ritirata, e ciò che poteva rappresentare un’occasione irripetibile svanì in un attimo, lasciando 3Diland con un progetto che, seppur geniale, non riuscì mai a trovare il suo spazio definitivo nel mercato.

La storia di 3Diland è un esempio affascinante di come il genio e l’innovazione possano scontrarsi con le difficoltà pratiche e i limiti di un’epoca ancora poco pronta a certe rivoluzioni tecnologiche.

error: Contenuto protetto per motivi di Copyright.