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Storia (parte 3)

Dalle origini alla conclusione dell’attività produttiva e commerciale

Gli anni del grande successo

Malgrado la tecnologia fosse limitata rispetto ad oggi e le fonti di approvvigionamento spesso limitate, la Mupi si lancia nella produzione del primo Cinevisor. Erano oggetti magnifici con numeri incredibili per l’epoca: riproduttori di diapositive, proiettori e cineprese con oltre 14.000 km di pellicole prodotte all’anno. I film (di breve durata,  intorno alla trentina di secondi) accompagnano così almeno tre generazioni di bambini e bambine verso il futuro dell’intrattenimento domestico, traghettandoli – forse inconsapevolmente – verso l’era dell’home video. Parliamo dei cartoni animati della Warner Bros, della Disney, della giapponese Toei Animation e molti altri, tutti riprodotti con licenza ufficiale. E’ l’epoca delle cartucce dette “chiocciolone”.

E’ di questo periodo l’ampliamento di circa 4.000 mq dello stabilimento di Terranuova Bracciolini e di 3.500 mq di quello di Firenze.

Oltre ai cartoni animati concessi in licenza, celebre fu la campagna pubblicitaria del Cinevisor accompagnato dalle pellicole della serie televisiva Sandokan: sulle riviste e giornali per bambini iniziarono a comparire le pubblicità dei prodotti con il volto dell’attore pakistano Kabir Bedi, celebre per i suoi occhi e il suo sguardo profondo. Un’accoppiata sicuramente vincente. Negli anni Settanta Mupi era il maggiore investitore pubblicitario del settore del giocattolo: mitiche le campagne pubblicitarie realizzate con l’aiuto dell’agenzia Leo Burnett e lo Studio Più di Firenze. Senza dimenticare i prodotti venduti in bundle con i film di Goldrake e Capitan Harlock, Candy Candy, Heidi e Braccio di Ferro giusto per citarne qualcuno.

Nel 1976 Sandro Sposimo, figlio di Dino e al tempo responsabile dell’ufficio tecnico, dopo un viaggio a Mountain View in California firma un contratto di esclusiva per l’Europa con la Montron che deteneva il brevetto delle cartucce per i film che erano prodotte per la Fisher Price e per la giapponese Bandai. Il brevetto americano fu migliorato dai tecnici della Mupi per renderlo più facilmente assemblabile e utilizzabile da parte dei bambini. La sua facilità di utilizzo portò alla nascita di una nuova serie di “cinevisori” e proiettori, tra i quali un visore manuale chiamato V35, che non aveva bisogno di batterie, e che fu prodotto in centinaia di migliaia di pezzi.

In questo periodo la MUPI rileva l’attività della Vipa di Padova che produceva telefoni giocattoli intercomunicanti, rilanciandoli con grande successo e fa un accordo con l’inglese Kiddicraft per produrre in Italia la loro linea di giocattoli per la prima infanzia. Altri accordi commerciali per la distribuzione in Italia furono siglati con la Corgi (auto modelli), con la Crayola (pastelli e simili) e con Petite (macchine per scrivere giocattolo).

La capillare organizzazione di vendita e la bontà dei prodotti facevano volare le vendite e fu difatti scioccante, poiché assolutamente imprevista, l’improvvisa crisi del settore dovuta all’avvento delle televisioni private. Queste nuove e innovative forme di intrattenimento avrebbero permesso ai genitori di impegnare i propri figli senza l’obbligo di comprare giocattoli. Questo comportò un serio ridimensionamento dell’azienda che dovette ricorrere alla cassa integrazione per i propri dipendenti per un lungo periodo di tempo.

Successivamente, dalla metà del 1984, la denominazione sociale cambia in Mupi Toys Srl mentre la sede legale si trasferisce in Corso Italia 29 a Firenze: l’azienda, che risulta cessata alla fine degli anni Novanta, non è ovviamente più rintracciabile a quell’indirizzo. La Mupi era iscritta alla Camera di commercio con “CODICE ATECO (2007) [32.40] Fabbricazione Di Giochi e Giocattoli”.

Durante la sua attività d’impresa, Mupi fonda anche l’azienda fiorentina 3DiLand SpA, distributore dello Stereopocket 3D inserito anche nel catalogo prodotti Mupi.

La storia della Mupi è lunga… la ricerca pertanto continua.

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